Le previsioni economiche per il 2025 si presentano connotate da molte incertezze e diversi segnali contrastanti, soprattutto in un contesto globale che, nonostante la riduzione delle pressioni inflazionistiche rispetto agli anni immediatamente precedenti, continua a essere segnato da timori diffusi tra cittadini e investitori. I principali indicatori a disposizione delineano uno scenario nel quale la crescita economica rimane debole, i tassi d’inflazione elevati incidono sui salari reali e la fiducia nei mercati è spesso condizionata dagli eventi geopolitici e dalle scelte politiche di potenze mondiali. In Italia, come nella maggior parte dei Paesi avanzati, la percezione di un aumento dei prezzi più rapido rispetto ai redditi resta predominante, suggerendo che le famiglie non si aspettano un rapido ritorno a una piena stabilità economica nel breve termine.
Crisi, stagnazione o rimbalzo? Lo stato dell’economia globale
Sul piano globale, le attese per il 2025 oscillano tra cauto ottimismo e persistenti timori di stagnazione o recessione tecnica. Secondo ricerche internazionali, la maggioranza della popolazione mondiale prevede che l’inflazione resterà superiore ai livelli pre-pandemici: il 70% circa degli intervistati a livello globale si aspetta che i prezzi aumentino più rapidamente dei salari. Particolarmente significativa è la preoccupazione relativa alla disoccupazione e all’aumento delle tasse, temi che creano pressione sulle prospettive di spesa delle famiglie e sulla domanda interna.
Se si guarda all’Europa, le proiezioni per il Prodotto Interno Lordo (PIL) riflettono una crescita quasi nulla per paesi come l’Italia e la Germania. Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, indica per l’Italia un incremento del PIL reale di appena 0,44%, mentre per la Germania una variazione addirittura leggermente negativa. Le cause sono attribuite a una combinazione sfavorevole di alto tasso d’inflazione, limitata produttività e invecchiamento demografico. In questo panorama, le economie emergenti mantengono livelli di crescita più elevati, come l’India (+6,2%) e il Vietnam (+5,2%), mentre l’Eurozona resta complessivamente debole.
Le attese sui mercati azionari internazionali: prudenza ma non panico
L’attenzione degli analisti si concentra sulle borse mondiali e in particolare sul mercato statunitense, spesso punto di riferimento per gli investitori globali. Dopo due anni eccezionalmente positivi per l’S&P 500 — con guadagni superiori al 20% nel 2023 e 2024 — le prospettive sul 2025 suggeriscono una crescita più moderata ma ancora positiva. Il consenso prevalente tra gli esperti di Wall Street è che il ciclo di crescita non si interromperà bruscamente ma sarà meno esplosivo, in virtù di una distribuzione più omogenea della crescita degli utili aziendali tra tutti i settori, e non solo a beneficio dei grandi titoli tecnologici.
Al tempo stesso, la volatilità potrebbe aumentare a causa dei tanti fattori di incertezza: le elezioni in paesi chiave, le possibili variazioni della politica monetaria (soprattutto delle banche centrali europee e della Federal Reserve) e il permanere di tensioni commerciali, come i recenti dazi imposti dagli Stati Uniti verso l’Unione Europea. In generale, però, non emergono segnali che indichino uno scenario apocalittico per i mercati, quanto piuttosto una fase di transizione caratterizzata da opportunità selettive e dalla necessità di maggiore selezione nei portafogli azionari.
Italia e area euro: ostacoli strutturali e fattori di rischio
Per quanto riguarda l’Italia, il quadro resta complesso: la crescita attesa è tra le più basse della regione, frenata da annosi problemi strutturali quali la bassa produttività, l’invecchiamento della popolazione attiva e un tessuto produttivo che fatica a innovarsi rapidamente. Il contesto internazionale, reso più complicato dai dazi e dalle possibili ripercussioni del Green Deal europeo nella transizione energetica, pesa sui conti pubblici e sulla competitività, in particolare nei settori manifatturieri e nei comparti ad alta intensità energetica.
Alcuni sviluppi recenti — come le restrizioni commerciali USA verso l’Europa e la lenta risposta delle istituzioni comunitarie alle crisi geopolitiche — inducono a credere che il 2025 sarà un anno nel quale bisognerà gestire più il rischio che cogliere occasioni di espansione. Le previsioni sugli interessi sono leggermente meno preoccupanti rispetto agli scorsi anni: solo il 55% degli italiani si attende un ulteriore aumento, in netto calo dal 2023, suggerendo che le principali strette sui tassi potrebbero essere ormai concluse.
Strategie di investimento e prospettive per gli investitori
Alla luce di questo quadro, le strategie di investimento per il prossimo anno devono essere prudenti e orientate alla diversificazione. Gli analisti raccomandano di selezionare con cura i settori a maggiore resilienza — tecnologie, energie rinnovabili, farmaceutico — senza trascurare asset difensivi e liquidità per sfruttare eventuali correzioni di mercato.
- Stati Uniti: dopo la forte crescita recente, l’attenzione si focalizza sull’allargamento dei profitti a una platea più ampia di aziende e sulla futura politica economica del nuovo presidente, con possibili revisioni fiscali e regolatorie.
- Europa: la cautela resta d’obbligo, complici bassa crescita e scenari politici e commerciali incerti, ma non si prevede una crisi dei listini paragonabile a quelle degli anni peggiori post-Lehman.
- Italia: l’indice FTSE MIB riflette le difficoltà strutturali del paese, ma restano opportunità selettive nei segmenti ad alta tecnologia e nei titoli meno esposti all’economia interna.
Occorre anche considerare che la percezione di “nero” attribuita all’economia e ai mercati spesso riflette più un sentimento di pessimismo diffuso che una realtà basata sui fondamentali: anche in anni incerti, i mercati finanziari sono capaci di sorprendere positivamente chi adotta orizzonti temporali lunghi e strategie disciplinate, riducendo la rilevanza delle oscillazioni di breve periodo.
In conclusione, il 2025 non si preannuncia come un anno di crisi sistemica per i mercati azionari mondiali, quanto piuttosto come una fase di ridefinizione degli equilibri, fortemente condizionata da fattori esogeni ed endogeni, ma con ampi margini di ripresa per chi saprà valutare con attenzione i dati e diversificare i propri investimenti.